In Portogallo, la depenalizzazione del consumo di droghe introdotta nel 2000 con la legge 30, pare aver avuto un esito molto positivo.
“Non c’è dubbio che il fenomeno della dipendenza da droga sia in diminuzione in Portogallo”, ha detto Jao Goulao, presidente dell’Istituto contro la Droga e la Dipendenza da sostanze stupefacenti.
L’autorevole istituto di ricerca americano Cato Institute ha diffuso già nel 2009 un rapporto (Drug Decriminalization in Portugal. Lessons for Creating Fair and Successful Drug Policies) che conferma la bontà dei risultati conseguiti. Per fare un esempio, il numero dei decessi droga-correlati, che nel corso degli anni novanta era andato aumentando, è passato da 400 nel 1999 a 290 nel 2006. E, citando ancora il rapporto, a partire dal 2001 il numero di nuovi casi di Hiv e Aids tra i tossicodipendenti è ogni anno in forte calo. “Gli esperti – spiega l’autore Glenn Greenwald – attribuiscono questi trend positivi all’aumentata capacità del governo portoghese di offrire programmi di trattamento ai cittadini: un aumento reso possibile, per svariate ragioni, dalla depenalizzazione”.
Oggi in Portogallo il consumo di droghe non è un reato, ma una semplice violazione soggetta a una sanzione amministrativa. Coloro che vengono presi con una quantità di droga rispondente al proprio bisogno personale sono considerati o consumatori sporadici – e sanzionati con una multa di parecchie centinaia di euro – o consumatori regolari – e inviati alla “Commissione per disincentivare il consumo di droga”, formata da un giudice, uno psicologo e un assistente sociale. In questo modo i consumatori sono messi al riparo dalla brutalità e dal senso di onnipotenza della polizia, e posti sotto la responsabilità di personale specializzato che li invia in strutture per il trattamento delle tossicodipendenze dette Cat.
Il consumatore non è più visto come un criminale, ma come un paziente: col risultato di spingere i consumatori problematici a rivolgersi ai servizi socio-sanitari.
Quello del Portogallo non è un caso isolato.
Nel settembre 2010 uno dei più alti funzionari di polizia della Gran Bretagna ha proposto di depenalizzare l’ uso personale di droghe come la cannabis, per consentire così di dedicarsi con maggiore attenzione ad fermare lo spaccio ad alto livello.
A lanciare la proposta è stato Tim Hollis, capo della polizia di Humberside sostenendo che la giustizia penale non è riuscita a risolvere il problema della droga nel Regno Unito. Hollis, presidente dell’ “Association of Chief Police Officers drugs committee”, spiega che la sua proposta mira a non criminalizzare più i giovani sorpresi con piccole quantità di sostanze stupefacenti che una volta portati davanti ad un giudice rischiano di accumulare precedenti penali sproporzionati a persone che ancora devono iniziare la carriera lavorativa. Hollis aggiunge anche che i tagli al bilancio costringono la polizia a dare la priorità alla lotta contro reti criminali organizzate, piuttosto che agli individui che trasportano droga per uso personale.
L’agente di polizia chiede anche la revisione dell’attuale classificazione delle droghe in tre classi che mette insieme sostanze come l’eroina e l’ecstasy creando non poca confusione: “Vorremmo piuttosto investire il nostro tempo a cercare di incastrare criminali di alto livello fermando i loro guadagni illeciti. Non vogliamo criminalizzare i giovani perché, mettere un ragazzino arrestato per possesso di cannabis davanti al giudice sappiamo quale sarà l’esito”.
Hollis si domanda inoltre se non sia arrivato il tempo di chiedersi se l’alcol e la nicotina, che insieme uccidono più di 120mila persone l’anno, non dovrebbero essere inclusi nella “guerra” alle droghe illegali: “La mia convinzione personale, in termini di ampiezza del danno e che è una delle droghe più pericolose in questo paese sia l’alcol che è una droga legale. Allo stesso modo, la nicotina è una droga legale, ma le sigarette possono uccidere”, ha detto.
Hollis nel lanciare queste proposte non è solo. Uno dei principali ricercatori della Gran Bretagna, Il professor Roger Pertwee, ha sostenuto la settimana scorsa che i politici dovrebbero permettere la vendita autorizzata di mariujana per uso ricreativo, dato che l’attuale politica di criminalizzazione della cannabis è stata inefficace.
Sia David Cameron e Nick Clegg si sono dichiarati pronti a rivedere le leggi che puniscono l’uso della droga in Gran Bretagna. Anche il ministero degli Interni insiste sul fatto che la depenalizzazione non sia l’approccio giusto e non vi sia neanche la prova evidente che la cannabis possa danneggiare la salute mentale. Il governo inglese sta anche studiando la legge che in Portogallo ha parzialmente depenalizzato l’uso e la possesso di sostanze tra cui l’eroina per vedere se possa essere fatto qualcosa del genere anche nel Regno Unito.
In Slovacchia il partito Libertà e Solidarietà (SaS) sta cercando di consentire l’uso di cannabis per scopi medici e sta discutendo la questione con i suoi partner della Coalizione, ha detto il suo leader Richard Sulik ad una conferenza stampa lo scorso giugno. Secondo lui, la normativa che consente l’uso di questa pianta come farmaco può essere già approvata anche quest’anno. Per Sulik, la legge potrebbe portare beneficio a molta gente: “Se i medici oggi possono prescrivere la morfina, che dà molta più dipendenza, perché non può essere prescritta la cannabis per alleviare il dolore?”, si chiede, e aggiunge che è anche il caso di discutere di minori pene per il possesso di piccole quantità di marijuana.
Il collega Martin Poliacik ricorda l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, secondo il quale la guerra contro la droga in corso da decenni ha fatto spendere milioni di dollari, ma ciononostante il numero dei consumatori di droghe è in aumento. Secondo lui, sono 250.000 gli slovacchi che sono criminalizzati, perché usano droghe, ma solo il 10% di loro sono “problematici”. Per questo, il partito chiede pene alternative per i piccoli consumatori, il che consentirebbe anche di risparmiare nell’uso più misurato della carcerazione e utilizzare meglio i fondi per spiegare gli effetti dei farmaci e spingere sulla prevenzione, sostiene Poliacik.
Lo stato dell’Australia Occidentale ha introdotto uno schema per la depenalizzazione della cannabis, nel 2004, e i ricercatori hanno valutato il suo impatto confrontando la le tendenze in quello stato con quelle nel resto del paese. Lo studio è stato complicato dal fatto che essa ha avuto luogo in un periodo in cui l’uso di cannabis si trovava in generale declino in tutto il paese. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che questa tendenza negativa si è mantenuta anche in Australia Occidentale, che aveva sostituito le sanzioni penali per l’uso o il possesso di cannabis con sanzioni amministrative, costituite dal ricevimento di una segnalazione della polizia chiamato “avviso di infrazione”. Le asserzioni degli autori: “I dati di questo studio sul consumo di cannabis suggeriscono che, a differenza delle previsioni dei pubblici commentatori che erano critici sul regime adottato, l’uso di cannabis in Australia Occidentale sembra aver continuato a diminuire nonostante l’introduzione dello Schema di Notifica di Violazione della Cannabis”.
La “Commissione globale delle politiche sulla droga”, nella quale figurano anche gli ex presidenti latinoamericani Fernando Henrique Cardoso ( Brasile 1995-2002) , César Gaviria ( Colombia 1990-1994), Ernesto Zedillo( Messico1994-2000), ha auspicato in una riunione a Ginevra del gennaio 2011, che venga depenalizzato l’uso delle droghe, ritenendo che la politica repressiva messa in atto nel mondo, per contrastare l’uso degli stupefacenti è stata un fallimento.
César Gaviria che fu anche segretario generale dell’ OEA ( Organización de Estados Americanos) dal 1994 al 2004 ha affermato in un intervista rilasciata ad APF, “che per contrastare questa piaga dilagante bisogna colpire i cartelli della droga e non i consumatori, che debbono essere considerati dei veri e propri malati e non criminali”.
Senza educazione ed informazione, secondo l’ex presidente brasiliano Cardoso, nessuna politica antidroga potrà funzionare e ricalcando il concetto del suo omologo colombiano Gaviria ha affermato che “il narcodipendente deve essere considerato un malato e quindi gli si deve offrire la salute”.
L’attuazione della guerra alla droga ha generato diffuse conseguenze negative per le società nei paesi produttori, di transito e consumatori. Queste conseguenze negative sono state ben riassunte dall’ex direttore esecutivo dell’Ufficio per la Droga e il Crimine dell’ONU, Antonio Maria Costa, come ricadute divise in cinque grandi categorie: 1) La crescita di un “enorme mercato nero criminale”, alimentato dal profitto sulla fornitura internazionale e dal rischio di escalation della domanda di droghe illecite. 2) Ampio spostamento delle politiche, risultato dell’utilizzo di scarse risorse per finanziare un vasto sforzo di applicazione delle leggi destinate ad affrontare questo mercato criminale. 3) Spostamento geografico, spesso conosciuto come “effetto pallone”, in cui la produzione di droga ruota di posizione geografica per evitare le attenzioni delle forze dell’ordine. 4) Differimento di sostanza, o spostamento dei consumatori verso nuove sostanze stupefacenti quando la droga precedentemente scelta diventa difficile da ottenere attraverso l’applicazione della pressione legale. 5) La percezione e il trattamento dei tossicodipendenti, che sono stigmatizzati, emarginati ed esclusi.
Alla luce di queste esperienze, è chiaro che la politica di criminalizzazione e la punizione dura dell’utilizzo di droga è stato un errore costoso, e i governi dovrebbero adottare misure per reindirizzare i loro sforzi e le risorse dirottando i tossicodipendenti verso i servizi di assistenza sanitaria e sociale. Naturalmente questo non significa necessariamente che le sanzioni dovrebbero essere eliminate del tutto ma che la reazione primaria verso il possesso e l’uso di droga dovrebbe essere l’offerta di un’adeguata consulenza, di un trattamento e di servizi sanitari alle persone che ne hanno bisogno, piuttosto che costosi e controproducenti sanzioni penali.
Insomma come molti problemi sociali, anche quello della droga non va aggredito dall’esterno ma demolito dall’interno. Non è necessario uscire dal tunnel, è sufficiente entrare in un nuovo tunnel della droga: quello virtuoso della droga depenalizzata.
Leonardo Iacobucci
Fonte: asinichevolano.altervista.org