Le alghe e i prodotti derivati rappresentano uno strumento tecnico ampiamente utilizzato da secoli in tutti i settori dell’agricoltura. Il tipo di alghe impiegate e i processi di lavorazione incidono sulla loro efficacia e azione.
L’effetto di questi prodotti non è riconducibile unicamente all’apporto di nutrienti minerali contenuti, ma anche a un fenomeno di stimolo e di regolazione del metabolismo delle piante, tipico dei composti biostimolanti. Sorge di conseguenza un delicato problema di classificazione da un punto di vista tecnico e normativo, che ha notevoli ripercussioni sul loro impiego. Attualmente infatti non esiste una legislazione chiara e condivisa.
Le alghe e i prodotti a base di esse rappresentano uno strumento tecnico ampiamente utilizzato in tutti i settori dell’agricoltura e, più recentemente, del verde pubblico e privato a uso sportivo e ricreativo. Il loro impiego, infatti, è motivato dai benefici apportati alle colture in termini di miglioramento qualitativo e incremento delle produzioni.
In passato l’azione esplicata era attribuita, considerando tali prodotti come semplici fertilizzanti, sia a un apporto nutrizionale diretto alla pianta, sia a un effetto indiretto sulla fertilità del terreno.
In questi ultimi anni, sulla scorta di nuovi studi e sperimentazioni, si è constatato che l’elevata efficacia dei prodotti a base d’alghe non può essere riconducibile unicamente all’apporto di nutrienti minerali contenuti (in particolare di micronutrienti), come per lungo tempo si è ritenuto.
Tale considerazione è avvalorata dalla loro modesta concentrazione naturale nei formulati commerciali che non sono stati diversamente integrati, mentre si riscontra una cospicua presenza di importanti composti organici quali aminoacidi, colloidi, zuccheri e fitormoni.
Queste sostanze, alle quali è riconosciuto un effetto di stimolo e di regolazione del metabolismo delle piante, sono – unitamente ai nutrienti minerali – i componenti responsabili degli effetti sulle piante.
Alghe: fertilizzanti o biostimolanti?
Le alghe esplicano sia una funzione prettamente nutrizionale sia una preponderante azione di regolazione e stimolo della crescita, tipica dei composti biostimolanti.
Sorge di conseguenza un delicato problema di classificazione di questi prodotti da un punto di vista tecnico e legislativo, che ha notevoli ripercussioni sul loro impiego.
Escludendo, infatti, il mondo dei fertilizzanti minerali, scrupolosamente regolamentato dalle norme comunitarie (Reg. C.E. 2003/2003) e nazionali, che descrivono accuratamente composizione, classi di prodotti, metodi d’analisi e di produzione, si entra nell’indefinito universo degli altri prodotti.
La normativa europea, attualmente, non disciplina, e quindi non classifica, i fertilizzanti di derivazione organica (tra i quali potrebbero trovare eventuale posto anche i derivati delle alghe), e neppure i prodotti ad azione biostimolante, che devono, di conseguenza, trovare una loro posizione tecnico-legale nella normativa dei singoli Paesi.
La situazione che si presenta è ovviamente di grande eterogeneità, e per questo prodotti simili sono classificati in modo diverso nelle varie Nazioni o, addirittura, neanche contemplati dalla normativa, come nel caso delle alghe in Italia.
In genere, gli altri prodotti sono catalogati in base alle materie prime che li compongono, in funzione della loro composizione chimica (es. organici e organo-minerali) o della loro origine (es. di sintesi, naturali, di provenienza animale o vegetale). Più difficile risulta invece definire categorie in funzione del tipo di azione svolta.
Per alcuni prodotti come letami, deiezioni, compost, è comunemente riconosciuto il tipo d’azione ammendante e/o nutriente, mentre per altri, come nel caso di alcuni prodotti a base di aminoacidi e degli estratti di alghe (dove è non chiaro il confine fra nutriente e stimolante), il limite di classificazione risulta alquanto sfumato.
Allo stesso modo, è difficile stabilire una separazione tra fitoregolatori di sintesi, classificati come fitosanitari (pertanto soggetti a registrazione che ne regolamenta accuratamente l’uso) e una serie di prodotti a base di estratti vegetali o di microrganismi che esplicano funzioni simili.
Per questi motivi, in maniera erronea, prodotti di origine naturale ad azione stimolante o fitoregolatrice – per i quali non è riconosciuta una funzione nutrizionale, in quanto non apportano in quantità consistente macro, meso o microelementi – sono spesso assoggettati alla normativa prevista per i mezzi tecnici per la protezione delle colture, cioè agrofarmaci o fitosanitari (anticrittogamici, battericidi, insetticidi, acaricidi, nematocidi, limacidi, rodenticidi), fisiofarmaci, fumiganti ed erbicidi.
In merito al tipo di azione, spesso i biostimolanti vengono definiti come attivatori di reazioni biologiche che, incidendo sul metabolismo della pianta, ne modificano fisiologia e morfologia.
Rientrerebbe nell’indefinita categoria dei biostimolanti un’ampia gamma di prodotti: derivati proteici (di sintesi, naturali di origine animale e/o vegetale, da processi di fermentazione enzimatica o idrolisi chimico-fisica), glucidi, estratti vegetali (yucca, brassinolidi ecc.), precursori di aminoacidi e ormoni (acido N-acetiltiazolidin-4-carbossilico o A.T.C.A.), vitamine (acido folico ecc.), derivati di lavorazioni alimentari ricchi di enzimi, umati, microrganismi (batteri, funghi) e, nel caso non fosse riconosciuta la componente nutrizionale, anche i prodotti a base di alghe.
Allo scopo di riordinare il settore dei biostimolanti, i progetti legislativi più recenti mirano a definire test di efficacia affiancati da test di sicurezza ambientale e sanitaria, seguendo procedure estremamente semplificate rispetto a quelle previste per la registrazione dei fitofarmaci. Nella maggior parte dei Paesi (Ue ed extra Ue) tuttavia la disciplina in materia è ancora in via di definizione.
La loro attuale collocazione in un quadro normativo improprio, tuttavia, comporta regole di applicazione inadeguate alle reali caratteristiche e la mancanza di una specifica normativa ne rende difficoltoso l’utilizzo. Nel contempo si favorisce la presenza sul mercato di prodotti di dubbia o scarsa utilità, impedendo di difendere il consumatore da sofisticazioni e inganni indotti da pubblicità scorrette, e i produttori onesti da fenomeni di concorrenza sleale, che sfociano in vere e proprie turbative di mercato.
A supporto della tesi secondo cui le alghe possono essere classificate come fertilizzanti, si può citare il Reg CEE 2092/91, nel quale i prodotti a base di alghe sono contemplati nell’allegato II, fra i fertilizzanti ammessi in agricoltura biologica.
In proposito occorre ricordare che in Italia l’attuale legislazione nazionale in materia di concimi (Legge 748/84 e successive modifiche e integrazioni), non contemplando le alghe in alcuna categoria di fertilizzanti, di fatto paradossalmente ne preclude l’impiego nel settore dell’agricoltura biologica, con grave pregiudizio per gli operatori.
Alghe e derivati
L’uso delle alghe nella pratica agricola ha origini antiche. Per secoli, nelle zone costiere europee, previo lavaggio, esse vennero utilizzate tal quali per apportare sostanza organica ai suoli, sfruttando l’azione ammendante e nutriente. A partire dalla seconda metà del XX secolo iniziò la produzione dei primi derivati, tra cui formulati liquidi adatti anche alle applicazioni fogliari. L’esperienza e la ricerca hanno evidenziato che numerosi effetti non possono essere ascrivibili ai soli principi nutritivi, rilevando, oltre a un aumento della produzione, un incremento dell’assorbimento dei nutrienti, della resistenza a stress ambientali e ad attacchi biotici e una maggiore conservabilità dei prodotti vegetali. Attualmente sul mercato è presente un’ampia gamma di prodotti a base di alghe, la cui composizione e azione differiscono in funzione del tipo di materia prima (cioè del tipo di specie impiegata), del processo di lavorazione e dell’addizione di altre sostanze attive o nutrienti. Tale varietà di formulazioni giustifica le molteplici possibilità d’uso su tutte le colture nelle differenti fasi fenologiche, nonché le diverse fasce di prezzi esistenti. Tali prodotti, infatti, sono comunemente impiegati nei diversi settori dell’agricoltura intensiva, sotto copertura e in pieno campo, e anche in regime di coltura estensiva. Si ricorre al loro utilizzo nei vivai, in floricoltura, in orticoltura, in frutticoltura e anche nelle colture industriali. Si applicano per via fogliare e radicale con diverse modalità: in fertirrigazione, nelle soluzioni idroponiche, per immersione di semi, talee e piantine radicate, nonché attraverso somministrazioni localizzate alle radici. I prodotti a base d’alghe possono venire formulati come sospensioni più o meno concentrate, creme, gel, polveri e microgranuli, e possono essere a base di sole alghe (normalmente di un unico tipo) oppure in miscela con molecole organiche (aminoacidi, umati ecc.) e/o elementi minerali (macro, meso e microelementi ecc.).
Normalmente i prodotti a base di alghe utilizzati in agricoltura derivano da pochi generi appartenenti al phylum Heterokontophyta (alghe scure), come riportato in tabella 1 e in tabella 2, nonostante le numerose specie esistenti, stimate in più di 25.000.
Tra i generi più impiegati si possono ricordare:
– Ascophyllum spp.
– Durvillaea spp.
– Ecklonia spp.
– Fucus spp.
– Laminaria spp.
– Macrocystis spp.
– Sargassum spp.
La specie, lo stadio fenologico in cui vengono raccolte e le condizioni ambientali in cui crescono influenzano la composizione degli estratti ottenuti, da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo. Varia, infatti, il contenuto dei diversi composti attivi presenti: ormoni e loro precursori (auxine, citochinine, betaine, oligosaccarine ecc.), alginati, microelementi, vitamine, nonché il rapporto tra le loro concentrazioni. Quest’ultimo aspetto risulta molto importante per quanto riguarda gli ormoni e la
conseguente tipologia di azione sulla pianta.
I metodi di produzione possono a loro volta influenzare la composizione degli estratti, potendo modificare la struttura e quindi la funzionalità delle molecole. Per esempio, temperature superiori ai 40 °C, idrolisi alcalina e disidratazione (che promuove i fenomeni ossidativi) riducono sensibilmente il contenuto di auxine. Le citochinine, invece, mostrano una maggiore resistenza a questi fattori e quindi presentano una minore suscettibilità al tipo di lavorazione. I processi di estrazione del contenuto cellulare, brevettati dalle diverse case produttrici, sono schematicamente riportati in tabella 3. Tutti prevedono, dopo la raccolta, un lavaggio per allontanare il sale e una prima lavorazione meccanica per ridurre le dimensioni delle alghe da trattare.
Modalità d’azione nelle piante
Si attribuiscono molte proprietà ai prodotti a base di alghe, essendo state rilevate diverse azioni di stimolazione e inibizione dei processi fisiologici e numerosi effetti sui risultati produttivi delle colture. Il termine elicitore o induttore individua sostanze capaci di stimolare nella pianta la produzione di fitoalessine (metaboliti antimicrobici) anche in assenza di patogeni, aumentando i sistemi di protezione naturale del vegetale. Numerosi segnali elicitori sono riconducibili ad alcuni oligosaccaridi. Tale gruppo di sostanze, indicato con il nome di oligosaccarine, è considerato come una classe di fitormoni. Questi composti, come per esempio il β-1. 3-1.6-glucano (conosciuto con il nome di laminarina), si trovano in molti prodotti a base di alghe e sono ritenuti responsabili dell’aumento delle difese endogene delle piante trattate nei confronti di stress biotici (patogeni) e abiotici (fattori ambientali: freddo, siccità ecc.).
Le poliammine (PA), molecole di basso peso molecolare costituite da catene di idrocarburi a cui sono legati due o più gruppi amminici, sono una classe di regolatori della crescita naturalmente presenti nei giovani tessuti in crescita delle piante (le più conosciute sono la putrescina PUT, la spermidina SPD e la spermina SPM). Controllano i fenomeni di divisione cellulare e di organogenesi (differenziazione dei tessuti), svolgendo pertanto un importante ruolo nei processi di fioritura, fecondazione e allegagione.
Queste sostanze, unitamente alle betaine – un altro gruppo di fitormoni che in alcune condizioni si comportano come le citochinine, stimolando la crescita dei tessuti – si trovano in quantità cospicua nei prodotti a base di alghe. Tali formulati contengono anche ormoni vegetali più conosciuti, come auxine e citochinine. Nei preparati freschi si riscontra anche la presenza di gibberelline, ma il loro contenuto si riduce a livelli insignificanti durante lo stoccaggio o la estrazione chimica se non avviene con metodi naturali. Si riconduce alla presenza di questi ormoni l’azione di regolazione di crescita delle piante (Pgr) attribuita alle alghe. Il rapporto tra le quantità di ormoni presenti, in particolare tra auxine e citochinine, determina il differente tipo di azione svolto dai diversi prodotti a base di alghe. Tale rapporto dipende strettamente dal tipo di alghe e dal processo di lavorazione utilizzati. Per questo motivo alcuni estratti possono stimolare la crescita dell’apparato epigeo e altri invece regolare lo sviluppo della pianta, favorendo la crescita dell’apparato radicale e riducendo la dominanza apicale (promuovendo lo sviluppo delle gemme ascellari e riducendo la distanza tra gli internodi). Un altro effetto importante dei prodotti a base di alghe si osserva sulla nutrizione: grazie all’azione veicolante essi aumentano l’assorbimento degli elementi minerali, sia per via radicale sia per via fogliare; successivamente viene favorita, all’interno della pianta, la ridistribuzione degli elementi verso gli organi in accrescimento.
Numerosi studi hanno evidenziato che fotosintesi, respirazione e sintesi proteica traggono beneficio dall’applicazione di prodotti a base di alghe.
a cura di FILIPPO MENGHI “BIOMAGNO”
(tratto da Phytomagazine n. 36 del 31/01/2005, di Laura Bona, Lorenzo Gallo)
Pubblicato su Dolce Vita n°16 Maggio/Giugno 2008