Qualche tempo fa scrivemmo al prof. Serpelloni, permettendoci di fornirlo di alcuni elementi di riflessione per arricchire l’asettico metodo scientifico perseguito dal DPA e che considera gli effetti della sostanza in quanto tale prescindendo dalla qualità soggettiva dell’assuntore, come per dire che nonostante la consapevolezza del consumatore, tutti quelli che bevono vino possono essere automaticamente etichettabili come alcolizzati.
Quindi stilammo una tipologia base del consumatore di cannabis:
Possiamo classificare in tre tipologie i consumatori di cannabis:
– Persone con problemi di salute
– Ricercatori spirituali- Estimatori della pianta proibita
Nel primo caso pensiamo che la tolleranza e la comprensione debbano avere il primato su qualsiasi opinione, in quanto di fronte alle sofferenze e trovando rimedi non convenzionali, nessuno dovrebbe impedire a chi ne ha bisogno, di trovare conforto e sollievo da qualsiasi cura, sia questa riconosciuta o meno dalla convenzione sociale e a questo proposito vorremmo evidenziare di come anche la convenzione sociale possa indurre a scelte sbagliate e dannose, come fu nel caso della libera vendita di eroina o cocaina esercitata per varie terapie fino ai primi decenni del secolo scorso.
Nel secondo caso vorremmo far presente che l’assunzione di cannabis per scopi di ricerca spirituale è contemplata in molte forme religiose, tra cui annoveriamo i Rastafariani, i Cristiani Copti, i Sufi, gli Induisti Shivaiti, lo Sciamanesimo, gli Animisti e i Canteisti. Il minimo comune denominatore che lega questi percorsi spirituali è costituito dalla convinzione che la cannabis abbia un valore sacro ed essendo un veicolo spirituale, non se ne possa vietare l’uso in quanto portatrice di Valori Universali.
Nel terzo e ultimo caso, possiamo affermare con assoluta certezza che gli estimatori della cannabis (marijuana o hashish) ad uso ludico e ricreativo appartengono a tutte le classi sociali, sono composti da persone di tutte le età, sono ampiamente diffusi in tutto il territorio nazionale e impegnati nelle più diverse occupazioni, dagli studenti, agli operai, agli impiegati, ai liberi professionisti, ai medici ed anche ai politici, tutte categorie che quotidianamente operano per il benessere personale e per quello della collettività e che mantengono la loro vita integerrima da un punto di vista sociale, sanitario, fiscale e familiare e che neanche lontanamente possono essere accusati di attività criminali legate a comportamenti riprovevoli.
Tenemmo quindi a precisare che l’assuntore di cannabis ha per lo più delle volte una motivazione per esserlo e questo non può prescindere dalla ricerca!
Questa volta però siamo noi ad avvalerci della ricerca, proprio per confortare le nostre analisi.
“Almeno il 2% degli adulti inglesi fra i 50 e i 64 anni continua a fare uso di cannabis, come era abituato a fare in gioventù.
I cosiddetti «ragazzi degli anni Sessanta e Settanta», così chiamati perché cresciuti in piena epoca liberal, quando sesso, droga e rock’n’roll andavano a braccetto, sono oggi dei tranquilli ultracinquantenni, spesso con lavori di prestigio e carriere ben avviate, che però non ci pensano proprio a rinunciare alle vecchie (e non proprio sane) abitudini e così si fanno spesso le canne o magari qualcosa di più forte (leggi, cocaina o LSD), in ricordo di quegli anni. A sostenerlo, uno studio del King’s College di Londra, pubblicato sulla rivista Age and Ageing e condotto su 4mila adulti fra i 50 e i 64 anni, a cui è stato chiesto se avessero mai assunto droghe nel corso della loro vita e, in caso di risposta affermativa, se lo avessero fatto anche negli ultimi dodici mesi. A dir poco sorprendenti le risposte ottenute, con l’11,4% del campione che ha ammesso l’uso di cannabis ad un certo punto della vita (ma la percentuale scende all’1,7% negli over 65) e il 2% che ha detto di averla fumata nell’ultimo anno (rispetto allo 0,2% del 1993, che era l’anno di riferimento).“
Articolo completo:
E ancora (dalla rivista Dolce Vita in edicola):
“Avete vissuto tra gli anni ’60 e ’70 tra marijuana, LSD e funghi allucinogeni? Niente paura, la vostra memoria non ha risentito dei vizi di gioventù”.E’ quanto emerge da uno studio dei ricercatori del King’s College, che si spinge ad affermare di come “gli ex figli dei fiori, dediti in passato all’uso di queste sostanze hanno superato il mezzo secolo di vita con un cervello in ottima forma“.
Ma questo tipo di ricercatori di sicuro non è gradito al DPA che al contrario, è in cerca magari di qualche nuova idea per ‘prevenire’ l’uso di ‘droga’ tra gli adulti ultra 50enni e poi magari anche per la terza età….
E così il cerchio è chiuso, i minori non devono (possono) fumare perchè hanno il cervello che si sta formando, quelli in età lavorativa non devono (possono) fumare perchè mettono a rischio la loro mansione e la sicurezza pubblica, le donne non possono fumare perchè devono educare i propri figli, beh, ora anche i nonni…… cosa proporranno? levargli la pensione? o metterli in qualche comunità perchè non più in grado di badare a se stessi?
Speriamo che Serpelloni non sappia di questo studio, sennò potrebbe venirli in mente di proporre l’analisi delle urine, per i requisiti da avere per il diritto alla pensione, e qualche campagna a tema tipo: “Prevenzione di uso di droghe nella terza età”.
Pubblicato anche su: www.legalizziamolacanapa.org