Il centrosinistra ha vinto per un soffio le elezioni: e speriamo che il soffio infonda coraggio anziché timore. Il centrosinistra deve insomma governare: e uno dei primi banchi di prova sarà senz’altro quello delle libertà individuali. Franco Grillini ha già cominciato a raccogliere fra i neoeletti le firme necessarie per presentare un disegno di legge sui Pacs. Ma l’elenco delle libertà negate, vincolate, vigilate o condizionate è lungo, molto più lungo: dall’ora di religione al crocifisso in classe, dalla libertà di ricerca scientifica alla fecondazione eterologa, dalle cosiddette “droghe leggere” ai tempi lunghissimi e ai costi esagerati di un divorzio, dai reati di opinione sopravvissuti al fascismo alle leggi sulla stampa, è sempre più ampio lo spettro dei vincoli, dei divieti e delle vere e proprie ingerenze dello Stato nella coscienza dei cittadini e nella sfera delle libertà individuali.
Mentre i diritti sociali sono sostanzialmente tutelati e nessuno resta senza pensione o senza assistenza sanitaria (come e a che prezzo è un altro discorso), i diritti civili sono regolarmente messi in discussione. Ma la società si evolve più rapidamente dei prontuari, dei codici e dei breviari, e le richieste di libertà crescono con il crescere dei consumi. Il capitalismo ha bisogno della libertà per moltiplicare i profitti, ma la libertà a sua volta è una merce sempre più richiesta.
All’ombra dello scontro viscerale con Berlusconi, anche la sinistra più radicale ha sostanzialmente ignorato gli attacchi e le continue limitazioni alle libertà individuali e civili. Come un tempo il Pci era troppo attento alla “struttura” per capire la televisione a colori, che anzi incolpava di sviare la classe operaia dalla lotta di classe, così in questi anni la sinistra si è preoccupata troppo della “grande libertà”, che nessuno, e tanto meno Silvio Berlusconi, ha mai messo seriamente in pericolo, e poco invece delle piccole libertà di ciascuno.
Perché se c’è una cosa che la sinistra – tutta la sinistra – non può non aver imparato dalla storia politica, spesso tragica, del secolo scorso, è che le libertà (al plurale) dell’individuo (al singolare) sono il vero campo di battaglia fra progresso e reazione, e sono la sola, vera, posta in gioco. La politica serve a renderci più liberi (dalla natura, dal bisogno, dalla superstizione, dall’arbitrio), e in un sistema democratico e liberale la gara fra destra e sinistra è, anche, una gara per offrire un ventaglio sempre più ampio di libertà ad un numero sempre maggiore di cittadini.
A chi obietta che si tratta di un’ovvietà, basterà ricordare lo stato presente delle libertà nel nostro Paese. Qualcuno è per esempio in grado di spiegare perché mai per sposarmi mi basta una coda all’anagrafe e una marca da bollo, mentre per divorziare debbo aspettare almeno tre anni e pagare un avvocato? Qualcuno sa dire come mai due persone che vivono insieme sono legalmente tutelate se eterosessuali musulmani di sinistra, e non invece se cattolici omosessuali di An? Perché lo Stato, che giustamente non interviene nelle scelte religiose o politiche dei suoi cittadini, vuole invece metter becco nelle loro scelte sessuali? E perché diavolo io, borghese di buona famiglia, benestante, professionista in carriera, incensurato, padre di due figlie e fumatore moderato di marijuana, devo essere penalmente considerato dalla nuova legge antidroga più o meno allo stesso modo di un colombiano arrestato alla Malpensa con un chilo di coca nell’intestino?
Si può continuare a lungo. Nessuno per esempio sa spiegare, con il solo appello alla ragione e alla logica, per quale motivo nelle aule scolastiche frequentate dai nostri figli debba campeggiare un crocifisso: imposto a suo tempo da Mussolini come simbolo di una religione di Stato che formalmente non dovrebbe più esistere, il crocifisso viene oggi difeso (anche nell’Unione) come espressione di una cultura e di una civiltà. Quale? Non certo la nostra, l’occidentale: che è greco-romana prima e più che ebraico-cristiana. San Tommaso può fare a meno di Cristo e persino di Dio, ma non di Aristotele. A dire queste cose, e altre altrettanto ovvie, si passa per “laicisti”: che dovrebbe significare ultrà, anticlericali, “estremisti”. Io non penso che sia così. E penso anche che il paese reale, come sempre almeno a partire dal referendum sul divorzio di trent’anni fa, sia molto più avanti della sua rappresentanza politica.
Abbiamo tutti bisogno di libertà perché siamo abbastanza intelligenti per poterne disporre. Non saprei immaginare un programma più realistico. Che altro significa il successo di Zapatero in Spagna? Irriso dai benpensanti e dai parrucconi di casa nostra, a destra e a sinistra, Zapatero è invece molto più moderno di Blair, perché è per gli anni Duemila ciò che Blair è stato per i Novanta: il capofila e il simbolo di una “nuova sinistra”, questa volta libertaria, che pone al centro i diritti inalienabili del singolo: il primo dei quali è la libera scelta.
Fabrizio Rondolino
Pubblicato su Dolce Vita n°4 – Aprile/Maggio 2006