Per prima cosa il corpo dev’essere purificato chimicamente. Soltanto allora potremo pervenire a un tale dominio su di esso da riuscire a controllarlo anche a livello di reazioni chimiche. Esistono per questo esercizi specifici. Per esempio, se ingeriamo un veleno, con un particolare esercizio yoga si dice che sarebbe possibile ordinare al nostro sangue di non assimilarlo e il veleno attraverserebbe il nostro corpo e verrebbe espulso con le urine senza che neppure una molecola d’esso finisca nel sangue. Se riuscissimo in una simile impresa, allora saremo in grado di controllare la chimica del nostro corpo, e usare ogni mezzo, poiché ne saremo comunque padroni.
Osho ricorda che nel tantrismo (soprattutto tantrismo “di sinistra”) si fa uso dell’alcool per aiutare la meditazione. Pare assurdo, ma non lo è affatto. Il ricercatore assume una certa dose di alcool e cerca quindi di restare vigilante. La coscienza non deve essere perduta. La dose d’alcool viene elevata progressivamente, ma la coscienza deve rimanere costantemente vigilante. La persona ha ingerito l’alcool, il suo corpo l’ha assorbito, ma la sua mente rimane superiore. Non si perde coscienza. La dose di alcool viene elevata sempre più e insistendo nella pratica si giunge al punto in cui si può ingerire qualsiasi quantità d’alcool senza che la mente sia per questo meno all’erta.
Soltanto raggiunto questo stato l’LSD potrebbe essere realmente d’aiuto. Osho dice che “se siete disposti a dedicare una ventina d’anni all’addestramento del vostro corpo in vista dell’impiego di coadiuvanti chimici, l’LSD non si rivelerà affatto dannoso, ma con la meditazione lo stesso risultato si può ottenere in due anni”. Il corpo è più grossolano della mente e acquistarne padronanza è impresa più ardua. La mente è invece una realtà più sottile ed è più facile dominarla. Il corpo è più remoto dal vostro essere e lo scarto da colmare è più ampio; nel caso della mente lo scarto è invece minore”.
Il metodo primitivo escogitato in India per addestrare il corpo e prepararlo alla meditazione fu l’hatha-yoga. Esso richiedeva però tempi tanto lunghi per il raggiungimento del proprio obiettivo che a volte ci si vide costretti a inventare tecniche per prolungare la vita, sicché l’hatha-yoga potesse essere continuato. E qui sorge un problema: se non si riesce a conseguire la padronanza sul proprio corpo in questa vita, nella prossima ci si troverà a dover ricominciare daccapo, poiché avremo un nuovo corpo e tutto il lavoro già compiuto sarà stato vano. Nelle prossime vite, però, non avremo una nuova mente – la vecchia effettuerà il trapasso con noi – e quindi quanto si sarà conseguito a livello mentale non andrà perduto. La morte vanifica invece ogni conseguimento che sia soltanto fisico. L’hatha-yoga dovette pertanto inventare metodi per il prolungamento della vita fino a due o trecento anni, affinché l’acquisizione della padronanza divenisse fattibile.
Se la padronanza è mentale, è possibile trasformare il proprio corpo, ma un addestramento a livello esclusivamente corporale resta un fenomeno puramente fisico e perciò transeunte. L’hatha-yoga escogitò molte tecniche per consentire il completamento del processo, ma in seguito si scoprirono metodi ben più perfetti: come ad esempio controllare direttamente la mente (raja-yoga). Anche in questi metodi il corpo conserva una certa utilità, ma essa è limitata e comunque non c’è bisogno di occuparsene troppo. Gli adepti dell’hatha-yoga sostengono che si può impiegare l’LSD, ma il raja-yoga non può condividere una simile affermazione giacché non possiede alcuna metodologia per l’addestramento del corpo. In esso si pratica la meditazione diretta. Capita talora – ma soltanto in rarissime occasioni – che la visione fugace concessa dall’LSD possa creare in noi la sete di spingerci oltre nella ricerca. Fare un’esperienza con l’acido diventa quindi secondo Osho buona cosa. Egli sostiene che il primo “viaggio” è positivo, giova compierlo – per divenire consapevoli di un mondo totalmente differente e cominciare di conseguenza a cercare, a indagare in quella direzione – è però allora arduo fermarsi. E questo è dunque il problema. Se abbiamo la forza di arrestarci, un’esperienza con l’LSD può giovare.
Il leggendario maestro sufi Mullah Nasruddin era solito dire che egli non beveva mai più di un bicchiere di vino. Molti dei suoi amici trovavano da obiettare su questa affermazione, giacché l’avevano visto più volte
tracannare un bicchiere dopo l’altro. Ma egli rispondeva: “il secondo bicchiere è bevuto dal primo. “Io” ne bevo soltanto uno, sempre e soltanto uno!”. La prima volta siete voi i padroni, ma la seconda già non lo siete più. Il primo “bicchiere” agirà per trascinarvi al secondo e così’ di seguito, se cederete, finché le cose vi sfuggiranno completamente di mano. Cominciare è sempre facile: siete voi a decidere, ma smettere diviene arduo, giacché non lo siete più!
Osho sostiene che gli psichedelici possono dunque provocare un mutamento chimico dentro di noi. Possono permette di aprire una breccia. E quindi per pochi momenti possono permettere di uscire dall’imprigionamento nell’infelicità ed essere estatici. Con l’LSD possiamo avere un’intuizione momentanea. Possiamo avere un’apparizione, un’esperienza, ma ricadremo indietro perché non siamo cresciuti realmente. L’esperienza è accaduta a noi; noi non siamo accaduti all’esperienza. Non siamo cresciuti. Perché quando cresciamo, non possiamo ricadere indietro. Il senso ultimo della pratica è andare al di là delle esperienze. Sia che si sperimenti una realtà psichedelica con l’LSD o il paradiso grazie allo yoga, finché non si trascendono tutte le esperienze, fino a quando non si arriva al punto in cui esiste solo il testimone, senza nulla da sperimentare, fino ad allora non abbiamo vissuto niente di religioso.
SD&M – www.psiconautica.tk
Pubblicato su Dolce Vita n°23 – Luglio/Agosto 2009