Il Far west delle analisi per la ricerca di sostanze stupefacenti dovrebbe finire, almeno auspico, perchè si dovrebbero sancire principi unitari ed omologhi sul piano metodologico.
Vale a dire che si deve applicare una serie di protocolli che mirino ad individuare correttamente il momento di assunzione dello stupefacente e la incidenza dello stesso rispetto ai fini che ci si propone di accertare.
Il problema da risolvere con nettezza, però, è quello che talune attività lavorative appaiono talmente delicate da potere risultare incompatibili con l'uso - in generale - di sostanze stupefacenti.
Io non ricordo esattamente il caso di Dantep (che mi è certamente presentato con altro nome), ma è evidente che l'ente ferroviario ha operato una scelta di verifica a sorpresa, che la legge consente in relazione a mansioni che possano avere un'incidenza esterna e concernere la sicurezza dell'utenza.
Non sta a me giudicare la correttezza della procedura attuata, ma credo che, comunque, il diritto reclamato da Dantep debba trovare compatibilità con quegli oneri che derivano dallo svolgimento di mansioni che possono essere pericolose, ed è questo che io ho avuto modo di dire all'interessato.
Posso anche comprendere che si voglia rendere incompatibile l'uso di sostanze con occupazioni di elevata responsabiltà e pericolosità (guida di veicoli, od altri incombenti analoghi).
Ritengo, però, che la ghettizzazione di una persona, privandola di qualsiasi forma di partecipazione, e non permettendole di svolgere una mansione anche differente, anche di minore pericolosità ma che le dia la consapevolezza di essere utile e non un reietto, sia inaccettabile.
Chiudere in un uffiico una persona senza darle alcun compito, significa compiere un gesto grave che è ancor più inaccettabile della privazione del lavoro stesso.
Significa uccidere la dignità umana.