L’uso di cannabinoidi a scopo terapeutico, soprattutto analgesico, sembra essere piuttosto diffuso tra i pazienti affetti da fibromialgia, che fumano marijuana oppure assumono prodotti di sintesi su prescrizione per alleviare il dolore provocato dalla malattia. Lo rivela uno studio canadese appena pubblicato online su Arthritis Care & Research.
Infatti, tra i 457 pazienti inviati a un centro specializzato nel trattamento della patologia, il 13% ha riferito di fare uso di cannabinoidi. Di questi, l’80% ha detto di fumare marijuana, il 24% di assumere prodotti di sintesi e il 3% di utilizzare entrambi i sistemi.
Contro la fibromialgia sono state proposte e provate numerose terapie, ma nessun approccio ha dimostrato di funzionare in modo affidabile, per cui tanti pazienti si sono rivolti ai rimedi non convenzionali.
Il razionale per l’uso di cannabinoidi a scopo analgesico risiede nella presenza del sistema cannabinoide endogeno, che consiste di un insieme di recettori e ligandi ampiamente distribuiti nel sistema nervoso centrale e periferico. “Il sistema dei cannabinoidi ha effetti modulatori sul dolore, l’infiammazione, la funzione immunitaria e anche sul danno articolare. È quindi ragionevole chiedersi se gli effetti degli agonisti dei cannabinoidi, sia naturali sia di sintesi, possano avere rilevanza per la gestione dei pazienti affetti da condizioni dolorose come la fibromialgia” scrivono gli autori.
In uno studio precedente, il gruppo canadese aveva evidenziato un consumo di oppiacei abbastanza frequente tra i pazienti con fibromialgia e aveva osservato che alcuni utilizzavano illegalmente anche marijuana per alleviare il dolore. Partendo da questa osservazione, i ricercatori hanno voluto accertare quale fosse il grado di utilizzo dei cannabinoidi in questo gruppo di pazienti, eseguendo una revisione delle cartelle cliniche dei pazienti visitati tra il 2005 e il 2010.
Tra i 457 pazienti afferiti al centro specialistico, la diagnosi di fibromialgia è stata confermata dal reumatologo nel 66% dei casi. I 302 pazienti con una diagnosi confermata di fibromialgia avevano un punteggio funzionale medio di 65,7 su 100 del Fibromyalgia Impact Questionnaire e un punteggio medio del dolore di 6,4 su una scala analogica visiva a 10 punti. Inoltre, in media erano in trattamento con 1,9 farmaci da prescrizione per alleviare i sintomi della malattia.
A quasi un quarto dei pazienti era stato diagnosticato anche un disturbo mentale instabile concomitante e il 6% nel complesso mostrava un comportamento mirato alla ricerca di oppioidi. Tra i pazienti di quest’ultimo gruppo, a tre quarti era stato diagnosticato anche un disturbo mentale e due terzi avevano alle spalle una storia di abuso di sostanze.
In totale, il 33% degli uomini con fibromialgia ha riferito di usare cannabinoidi contro l’11% delle donne (P = 0,0006) e rispettivamente il 30% e l’8% ha dichiarato di fumare marjiuana (P = 0,0002). La quantità generalmente utilizzata dai fumatori di marijuana era di circa un grammo al giorno.
Tra tutti i consumatori di cannabinoidi, il 47% prendeva in concomitanza anche oppiacei. Questi farmaci sono sempre più prescritti ai pazienti con fibromialgia, nonostante non siano raccomandati dalle attuali linee guida per il trattamento di questa condizione. Inoltre, avvertono gli autori dello studio, quando li si assume in concomitanza con cannabinoidi, si possono avere effetti incerti e potenzialmente additivi sui processi cognitivi e sull’umore.
L’abitudine di fumare marijuana è risultata più comune nei pazienti giovani più giovani (44 vs 48 anni, P = 0.02), in quelli di sesso maschile (26% contro 7%; P = 0,0002), in quelli con un comportamento finalizzato alla ricerca di oppioidi (17% contro 4%; P = 0,001) e in quelli con una diagnosi concomitante di malattia mentale (36% contro 23%; P = 0,002).
Il 77% dei pazienti che fumavano marijuana erano disoccupati, il che, osservano i ricercatori, suggerirebbe “l’assenza di un effetto favorevole sulla funzionalità o una compromissione funzionale più grave tra i consumatori di cannabis”.
Gli autori fanno inoltre notare che è “comprensibile” che i pazienti si rivolgano a terapie come i cannabinoidi per la fibromialgia, data l’efficacia limitata di quelle disponibili e la reputazione di queste sostanze come antidolorifici e aiuti per ridurre l’insonnia e lo stress.
In effetti, studi di piccole dimensioni su cannabinoidi sintetici hanno dimostrato che questi agenti alleviano il dolore e migliorano la funzionalità, migliorando il sonno in modo simile a quanto osservato con amitriptilina. Tuttavia, l’uso di cannabinoidi da parte di individui con una malattia mentale instabile è un elemento che desta “grande preoccupazione”, secondo i ricercatori.
Il team canadese ha definito preoccupante anche la scoperta che a un terzo dei pazienti inviati al centro specialistico fosse stata diagnosticata erroneamente la fibromialgia. “Questa imprecisione diagnostica è indicativa delle continue sfide associate a questa condizione e della possibilità che alcuni pazienti possano falsificare i sintomi soggettivi di fronte agli operatori sanitari al fine di accedere alla prescrizione di determinati farmaci” scrivono gli autori.
“Anche se i cannabinoidi come preparazioni farmacologiche possono esercitare qualche effetto terapeutico nei pazienti fibromialgici, i risultati di questo studio dovrebbero indurre i medici a valutare il benessere psico-sociale del paziente nel suo complesso, e non concentrarsi solo sulla valutazione del singolo outcome rappresentato dal dolore” conclude il gruppo canadese.
Fonte: Pharmastar.it