Il mondo sta davvero cambiando. L’ostinazione dei ricercatori e dei movimenti per la legalizzazione della cannabis ad uso terapeutico sembra riuscire finalmente ad avere un segmento davvero importante di opinione pubblica alle proprie spalle. Negli Stati Uniti, ad esempio, sono state inaugurate le prime università che garantiscono corsi di ricerca sulla produzione della cannabis e sullo studio dei suoi principi attivi, come il THC (tetraidrocannabinolo).
Anche l’Italia sta muovendo i suoi primi passi verso la legalizzazione della cannabis ad uso terapeutico. Prima tra tutte le regioni a prendere l’iniziativa è stata la Toscana, mentre per ora l’ultima è stata la regione Marche, che ha recentemente approvato l’uso dei farmaci derivati della cannabis nel caso in cui i medici di base non identifichino terapie alternative. Nella nostra Liguria, invece, la legge numero 26 approvata dalla Regione il 3 agosto scorso, che consentiva l’uso dei derivati della cannabis, è stata bocciata dal Governo, che durante il Consiglio dei Ministri n. 47, presieduto da Giarda, in quanto Monti era assente, ha deliberato di impugnarla presso la Corte Costituzionale, per presunti profili di incostituzionalità (impossibilità di una convenzione con lo stabilimento di Firenze, confusione sulle preparazioni galeniche, illegittimità e problemi riguardanti i metodi di rimborso).
Storicamente, e soprattutto in Italia, le leggi sembrano stare sempre un passo indietro rispetto alla vita reale. L’azione legislativa della politica interna italiana è oggigiorno ancora indietro rispetto al progresso e a ciò che accade intorno. Basta prendere ad esempio internet, fare una semplice ricerca e capire che è possibile comprare in rete su headshop online a tema prodotti a base di cannabis e di altri tipi di estratti, in maniera del tutto legale.
Oppure, basta anche leggere le notizie di cronaca locale. Le pagine sono piene di esempi, come il recente caso di Calice Ligure (leggi articolo), dove sono stati trovati 55 grammi di marijuana oltre a circa 300g di hashish. Non è un caso isolato, come detto. Ad Imperia, pochi giorni fa, un ventiseienne è stato fermato e successivamente denunciato perché in possesso di 2 grammi di marijuana, rinvenuti dalla polizia durante un posto di blocco di routine. A Genova, un paio di settimane fa, invece, un altro giovane è stato fermato in possesso di 40g di cannabis, oltre che di un coltello e di un certo quantitativo di cocaina.
Gli arresti e i fermi sono ovviamente incontestabili: ci sono delle regole, se non sono rispettate c’è una pena. Tuttavia, come ha scritto recentemente anche il Wall Street Journal, il proibizionismo non paga, siamo noi a pagarlo con cifre ingenti spese dallo Stato insensatamente.
E’ forse giunto il momento di cambiare o quantomeno di rivedere parzialmente questo problema, avviando riforme che vadano nella direzione di una regolamentazione diversa rispetto alla detenzione delle droghe leggere (distinguendole chiaramente da quelle pesanti), e che magari seguano normative già in vigore in altri Paesi, per una maggiore armonizzazione della legislazione a livello internazionale.
In collaborazione con Andrea Stagnoli
Fonte: Ivg.it