Il Canada ha approvato il più grande massacro commerciale di foche della Groenlandia dal 1967, che porterà alla decimazione di questa specie nell’Atlantico nord-occidentale. La quota di foche cacciabili, quasi un milione in tre anni (di cui 350.000 nel 2004), è la quota più alta mai consentita dal governo canadese.
La caccia alle foche, il più grande e crudele massacro di mammiferi marini nel mondo, è ripreso con violenza e intensità grazie all’avvallo del Departement of Fisheries and Ocean Canadese, che nel febbraio 2003 ha emanato un “piano triennale di Gestione” con cui ha fissato a quasi un milione il numero di foche che potranno essere uccise nel triennio 2003-2005.
Lo scorso anno sono state barbaramente uccise 286.000 foche, di cui il 97% erano cuccioli di età compresa tra le 2 e le 12 settimane di vita, preferiti per la morbidezza del loro manto. Questi piccoli ancora non sanno nuotare, per cui non hanno possibilità di fuggire davanti ai cacciatori, e le loro madri li difendono fino alla morte usando il proprio corpo come scudo.
Così senza scampo arriva la morte, la più violenta e crudele immaginabile: un team di veterinari indipendenti ha documentato che il 42% delle foche esaminate erano state scuoiate vive, e il 40% viene colpito ripetutamente prima di morire. Per il governo canadese questi animali vengono uccisi in “maniera umanamente accettabile”.
LA CACCIA IN CANADA
La stagione della caccia è aperta dal 15 novembre al 15 maggio, ma si concentra soprattutto tra l’inizio di marzo e la fine di maggio perchè in questo periodo c’è un clima più favorevole e nascono i cuccioli. Nel Febbraio del 2003 il “Department of Fisheries and Ocean” canadese ha incrementato la quota di esemplari che possono essere uccisi, giustificando questa scelta con motivazioni economiche, sociali ed ecologiche ed affermando che la maggioranza delle foche vengono uccise nel modo più indolore possibile. Ricerche scientifiche, studi e rapporti dimostrano che la realtà è un’altra.
Una pratica crudele. Nel 2001 un team internazionale di veterinari ha condotto degli esami su un campione di foche uccise dai cacciatori: il rapporto finale svela che il 42% dei cuccioli esaminati sono stati scuoiati vivi. Ogni anno giornalisti e associazioni animaliste documentano gli abusi che avvengono durante la caccia. Negli ultimi cinque anni l’IFAW ha filmato più di 660 violazioni della legge, documentando la pratica di scuoiare vive le foche, di trascinarle sul ghiaccio con uncini di acciao, lasciarle agonizzare diversi minuti prima di ucciderle.
Una “risorsa sostenibile”. Il governo canadese afferma che la foca non è una specie minacciata e che la quota annuale di caccia consente alle foche di rimanere una “risorsa sostenibile”. Un rapporto pubblicato su “Marine Mammale Science”, stima che in ognuno degli ultimi tre anni siano state uccise tra le 400.000 e il mezzo milione di foche. Ben oltre il numero legalmente consentito, perchè molte foche colpite e ferite a morte, riescono a scappare per morire tra i ghiacci, e quindi non vengono contate nelle statistiche ufficiali. Gli scienziati affermano che mantenere questo livello di uccisioni, mette in serio pericolo il mantenimento della specie.
Non è una risorsa per le popolazioni aborigene. Una delle giustificazioni alla caccia alle foche è che fornirebbe una fonte di reddito e cibo necessari alla sopravvivenza delle popolazioni aborigene. In realtà il contributo economico dato da questa pratica alla regione è marginale. Considerando l’Isola di Terranova, dove si svolge il 93% della caccia, risulta che meno di un decimo delle esportazioni sia relativo ai prodotti di foca e che le persone impiegate siano appena 4.000 su mezzo milione. Un’alternativa per valorizzare il territorio in modo non soltanto più equo ma anche economicamente più redditizio, è invece quella di puntare sulle foche come risorsa per incentivare l’ecoturismo e il SealWatch.
IL COMMERCIO IN ITALIA
L’Italia non ha ancora preso nessuna posizione ufficiale contro la caccia commerciale alle foche, poichè riveste un ruolo primario nel mercato internazionale di prodotti derivati dalla foca. Dai dati forniti dal nostro Governo all’Eurostata Datashop di Berlino, si evince che negli ultimi tre anni l’import di prodotti di foca è stato di 8,4 milioni di euro e l’export si è attestato intorno ai 16,2 milioni di euro. In particolare l’Italia rappresenta uno dei principali produttori al mondo di pellicce di foca, soprattutto di quelle dal manto bianco e grigio-blu che nel 2002 hanno sviluppato un export di 4,5 milioni di euro.
Contrariamente a quanto avviene nel nostro paese, alcuni stati hanno recepito le istanze contro il massacro delle foche, prendendo ufficialmente posizione contro il commercio di prodotti derivati da questi animali.
Gli USA hanno proibito, con il “Marine Mammal Act”, l’importazione, l’esportazione, la vendita e il possesso di ogni prodotto derivante da mammiferi marini; la Gran Bretagna ha espresso una condanna formale; il Belgio ha deciso di stabilire un bando sull’importazione e la vendita di pelli di foca. (fonti: greenpeace italia e infolav.org)